
OGNI RISTRUTTURAZIONE MENTALE È FALSA

DI GIANPAOLO MARCUCCI
Una tenera tendenza serpeggia nelle vaste terre dell’ambiente spirituale nostrano, quella del “Oh, guarda che pure io eh!”.
Non importa quanto unica sia stata la tua esperienza, non importa cosa ti sia capitato, non importa che cosa scrivi, non importa di cosa parli…se hai visto la madonna, se sei morto e poi risorto, se hai visto un alieno, se hai fatto una cosa che “solo 3 nella storia”, se ti sei risvegliato, se hai visto che non esiste l’Io, se hai perdonato i tuoi cari, se hai salvato il mondo da un’imminente apocalisse zombie…troverai sempre una ghermita schiera di commentatori pronti a rivelarti che si, pure loro, uguale uguale a te, talvolta un po di più…insomma: “Finalmente ci sei arrivato, era ora”.
All’inizio cosi tu che sei uno onesto, trovandoti di fronte tutti questi individui ormai realizzati e completi sei spinto a chiedergli consiglio, a farti illuminare. Essendo rimasto l’unico esemplare di persona con le domande, l’unico ricercatore che non è ancora arrivato da nessuna parte in mezzo a tutti gli arrivati anziani…di qualsiasi età anagrafica…ti affidi…oh e che avrai da perdere? Te non hai capito nulla…questi pare abbiano capito tutto…
Poi però nel parlarci…qualcosa non ti torna e dopo un po di scambi entri come in uno stato di sogno mistico, ti ricordi che questa cosa ti era già successa, quando eri bambino, e quando quel tuo compagno antipatico ti diceva che gli avevano comprato un giocattolo nuovo che te volevi ma “colcazzocheteloavevanocomprato” e te lo sfoggiava davanti tu con tono sicuro facevi: “si ma ce l’ho pure io, anzi ora mi ha stufato perché ci ho giocato troppo!” Così ti salvavi la faccia…che poi te quel giocattolo uno a quel momento non lo avevi mai visto a più di 2 metri…però ora potevi solcare fiero la soglia della porticina della giostra del cortile della scuola elementare…senza colpa di essere indegno.
Poi sei catapultato in un’altra scena, ormai quasi in trance, in un viaggio sciamanico nel tuo passato, più grande, adolescente, al bar a parlare di motorini. Quando veniva il tuo amico ganzo che aveva tutte le ragazze mentre te ancora ti facevi le pippe, e diceva che l’aveva tirato fino a 110 all’ora… tu lo guardavi con aria da motociclista navigato e dicevi “hai visto che roba? Le vibrazioni, il vento, fico eh?”. Poco importava se effettivamente te di che sensazione si provava non ne avevi nemmeno l’idea perché il tuo motorino aveva ancora i diaframmi al motore e siccome eri un ragazzino pauroso, al massimo lo avevi spinto a 65 all’ora, in discesa col vento a favore (e provando un certo brivido di trasgressione).
Il rombo del motore ti ridesta da questo sogno lucido e sei di nuovo nel presente…su Facebook, dai un occhiata a queste persone che ti circondano e che ogni tua espressione, ogni cosa che tu dici di vedere e sentire sono pronti a coprirla con la loro saggezza millenaria del “Pure io”….guardi le loro foto, vedi cosa scrivono, ci parli…
E niente…qualcosa stride, la saggezza è dichiarata, questo è sicuro, ma al contrario della dichiarazione dei redditi, pare ci sia una rincorsa a chi dichiara di più…a caso e senza basi su cui dichiarare.
Amici, io capisco che è brutto aver tentato tutta la vita di combinare qualcosa di buono e non esserci mai riusciti, lo capisco perché è la condizione naturale dell’uomo e ci dovete fare i conti prima o poi, ma il dire l’opposto, solo dirlo, senza cambiare di una virgola processo che finora ci ha portati qui, siamo sicuri che porterà i risultati che ci aspettiamo?
A no scusate dimenticavo, nessun risultato, i risultati una volta, quando eravamo ragazzini, ormai siamo tutti arrivati, non abbiamo più domande, non abbiamo più bisogno di maestri altrimenti quanto schifo faremmo a 50 anni a cercare ancora risposte da un maestro…dovremmo proprio non aver capito nulla della vita…no no dai ma che sei ancora cosi nel mentale? Ma che non lo sai che siamo tutti apposto già in paradiso risvegliati? Ma che non lo sai che non c’è nessuno che soffre? Ma che non lo hai letto su “Vanity Fair” che quella maglietta non va più di moda da aprile? Ma dove vivi? Ma in che film pazzesco sei tesoro?
Facciamo un esercizio: ogni volta che vediamo qualcuno su Facebook che dice una cosa e ci sale la tentazione di dire: “Pure io, Pure io” osserviamo che cosa sta succedendo, taciamo, chiudiamo il computer, e andiamo a farci una passeggiata…magari poi scopriremo che così, pure a noi, potrà esser servita a qualcosa quella giornata e avremo iniziato, forse per la prima volta nella nostra vita…un percorso spirituale.
Con affetto e un pizzicotto sulla guancia
Gp
DI GIANPAOLO MARCUCCI
La realtà dell’individuo è chiusa in un quadro, una stanza le cui mura non sono fatte di mattoni o di legno ma di impulsi elettrici, di conclusioni su ciò che questo pensa e crede di essere. Questo quadro va stretto all’uomo, gli genera ansia, dolore e frustrazione.
La realtà del risveglio è nel quadrato accanto. Una realtà libera, meravigliosa, dove dolore e frustrazione non hanno più spazio per esistere.
L’uomo, che può vedere solo quadri, cerca in tutti i modi di andare da un quadro all’altro, da quello dell’individuo a quello del risveglio. Il passaggio è impossibile, secondo l’individuo le mura sono troppo solide, inutile tentare di fare breccia, a difesa di ogni lato c’è un mostro troppo forte: la paura di perdere tutto ciò che si conosce, la paura di perdere il “proprio” quadro.
Tutto ciò non è reale, è un linguaggio di programmazione, una simulazione: esiste solo un quadro ed è un videogame in cui un personaggio cerca di superare il quadro.
E’ possibile andando in fondo ad ogni emozione vivere questo quadro per ciò che è, un gioco, e vederne il codice sorgente, l’inizio e la fine, in una domanda: Chi sta giocando?
Gianpaolo Marcucci
DI GIANPAOLO MARCUCCI
In molti dibattono oggi sul tema della guarigione spirituale.
Ci sono coloro che sostengono di essere guaritori, coloro che sostengono che la guarigione sia impossibile, coloro che addirittura si arrabbiano se si usa la parola guarigione perché sottintende l’esistenza di un qualcuno “malato di condizionamento”.
Facciamo chiarezza:
L’unica guarigione possibile è la guarigione del cuore ed è il cuore più calmo che guarisce il cuore più agitato.
Di fronte ad una persona più libera di noi, più in pace, più serena, a prescindere da quale sia la sua azione o parola, se siamo attenti possiamo percepire un effetto di alleggerimento della nostra attività mentale disfunzionale.
La funzione del Maestro, del Guaritore, fino a quella dell’amico più in armonia di noi che ci fa piacere vedere perché ci mette calma, è quella di abbassare il nostro livello di difesa verso l’esterno ovvero il nostro livello di paura di ciò che abbiamo dentro, che abbiamo tenuto chiuso da anni e che vuole uscire.
La ferita del nostro cuore è solo la nostra attività di tenerlo chiuso per paura che qualcuno lo veda e che esso sia brutto. Dio, Buddha, Cristo, il Maestro si mostrano a cuore aperto in un mondo di cuori chiusi e questo è per la mente (la cui funzione è soppesare, valutare, incasellare il cuore) come un’esplosione elettromagnetica che manda tutti i sistemi di controllo in avaria. Il cuore è incontrollabile, la mente riconoscerà ciò e si inchinerà di fronte ad esso.
Osservando più in profondità è possibile vedere poi che non esistono realmente più cuori. Ogni singolo cuore è un’onda disegnata del battito dell’unico cuore che esiste, il cuore della fonte, il cuore di Dio. Detto in poche parole, la manifestazione, la realtà che percepiamo compresa quella che noi definiamo interiore, è il rullo di carta su cui compare l’elettrocardiogramma di Dio. E’ una rappresentazione a più dimensioni.
Non ci è possibile vedere questo grande cuore, percepirlo, ci è possibile solo percepire l’elettrocardiogramma, la manifestazione, le sue tracce, ovvero il processo nel tempo in cui tanti cuori vengono calmati da altri cuori fino a che i cuori saranno tutti in pace e condivideranno l’unica pulsazione.
In realtà la fonte è guarigione ferma. La sua espressione è la guarigione di un cuore nel tempo
A te è visibile solo la guarigione nel tempo perché tu sei guarigione. A te è visibile solo la linea dell’elettrocardiogramma, il tentativo di rappresentare il cuore, perché tu sei quel cuore, non la sua manifestazione.
DI GIANPAOLO MARCUCCI
È una strana vita quella che ci hanno dato. Piena di colori, forme, consistenze. Dapprima sembra tutto semplice, se tocchi l’interruttore la luce si accende. Se fai 3 passi hai percorso due metri, se aspetti 60 secondi è passato un minuto, se ti dicono che sei brutto ci rimani male, poi ti passa. Facile. Poi ti accorgi che non è così lineare, che non è così meccanica, che non è così spiegabile, che c’è un mistero, un enigma, un qualcosa di strano, apparentemente illogico.
Il mistero è che dietro ad ogni chiusura, ad ogni sguardo abbassato, ogni parola trattenuta, non detta, dietro ad ogni respiro spezzato, ogni rigidità, ogni ticchettio del piede, ad ogni abbraccio interrotto, ogni schiaffo tirato, se guardi bene, se sei attento, vedi che c’è la stessa energia, la stessa vita, lo stesso principio. Esplode un amore che non ha forma, è di un altro mondo, un modo senza forme, e prende la forma che c’è qui, la forma che si trova qui dove sono gli uomini. È un po’ come quando ti guarda negli occhi la persona che ami, certo non può entrare dentro di te, fisicamente s’intende, come forma, eppure ti scoppia dentro, tu lo sai che è entrata, che ora è diventata “quella cosa lì”.
Non importano i blocchi che abbiamo sviluppato negli anni o le paure che abbiamo imparato a fare nostre, quel principio, quel guizzo, quella vibrazione che scuote in un momento tutta la nostra interiorità è la stessa per tutti, è condivisa, è per tutti uguale, per il pesce come per il cane, per l’albero come per l’avvocato.
È una segnalazione, un timbro: ehi uomo, questo adesso è l’amore, adesso è fatto così. Attenzione, ora è così. Ora è così! Ora così. Quella volta era fatto a forma di lacrima mentre fumavi una sigaretta sul muretto. Sempre diverso nel mondo delle forme e nella fonte sempre uguale, potente, vibrante, come un suono perpetuo, un Big Bang senza fine.
La terra ha un debito di 49 trilioni di dollari. Chi è il creditore di questo debito?
L’uomo è in deficit di 100 mila trilioni di bacetti al cuore, chi sarà mai a darglieli?
Non ci riusciamo bene a capire perché non conosciamo l’uno il punto di vista dell’altro, e per questo magari ogni tanto ci irritiamo un po’ ma come potremmo comunicare se fossimo davvero separati, se fossimo davvero due cose diverse? Da dove passerebbe il messaggio?
È una strana vita quella che ci hanno dato. Un mistero.
DI GIANPAOLO MARCUCCI
Esiste un’azienda pagata trilioni al giorno il cui unico scopo è chiedersi se ciò che entra nella nostra coscienza è un problema o no, senza che qualcuno glielo abbia mai chiesto.
I suoi operatori, travestiti da protettori e consiglieri assimilano tutta la nostra energia ed attenzione mostrandoci un mondo in cui tutto ciò che c’è, prima ancora di essere guardato, sia filtrato come potenziale oggetto di colpa.
Cosicché prima ancora di essere un oggetto quello che abbiamo davanti agli occhi, entra nella coscienza come cartina tornasole dell’ipotetico male che è dentro di noi, dell’ipotetica colpa.
Ego s.p.a. va avanti da anni, è un’azienda florida e ci protegge dalla gioia e dalla libertà sin dal principio
Tu quante azioni possiedi al momento?
DI GIANPAOLO MARCUCCI
Non aver paura di mostrare chi sei, di mostrare la tua fragilità, la tua spontaneità, le tue emozioni.
Non aver paura di far vedere cosa stai nascondendo da troppo tempo, così tanto che quasi ti sei dimenticato da che parte stavi.
Ti avevano detto che quella gioia immotivata era sbagliata, che era fuori luogo quella commozione pervadente, quell’empatia smodata, che era pericolosa quella compassione limpida e innocente.
Non aver paura, il fantasma che hai dentro di te è lo stesso che c’è dentro di me, è lo stesso per tutti e vuole uscire e mostrare al mondo che sotto al velo con cui l’hai coperto per paura, lui splende bellissimo ed ha lo stesso volto che vedi quando ti guardi allo specchio.
Ora è il momento di svelarti, non sei nato in quest’epoca per caso, non hai preso parte all’esistenza per caso. Tu sei qui per farti vedere, sei qui per liberarti, sei qui per riconoscere che grande dono che ti è stato fatto.
Dentro di te c’è un cuore meraviglioso che muove ogni cosa, lascialo libero, fatti muovere da lui, danza con lui, fatti guidare verso quel luogo da cui tutto è cominciato e tutto finirà. Tu sei tutto ciò che hai paura di mostrare, e sei bellissimo. Non aver paura.
DI GIANPAOLO MARCUCCI
A seguito delle vostre richieste ho fatto questo video, con stile fresco e brioso e taglio personale, in cui parlo della mia esperienza al ritiro di silenzio con Sri MOOJI a Monte Sahaja.
Come l’ho vissuto e cosa mi ha toccato. Rispondo anche ad alcune vostre domande come: seguire più fonti può confondere?
Per qualsiasi altra info non esitate a scrivere nei commenti
Grazie a tutti e…Sri Moojiji Ki…JAI!
Con affetto smodato ❤ ❤ ❤
⁃ Gianpaolo Marcucci
DI GIANPAOLO MARCUCCI
Ieri abbiamo fatto un esercizio di meditazione. Marco ci ha portati all’entrata di un bosco vicino al nostro centro, e ci ha invitati al silenzio:
M. “Prendetela come un gioco, rimanete in meditazione e ascoltate le mie parole senza interpretarle, è un esercizio”
Prima di iniziare ci sintonizziamo tutti sulla domanda: “C’è qualcosa in me oltre alle mie intenzioni? C’è qualcosa dentro di me, che contiene il me?”. La domanda è un richiamo al nostro vero sé. Se c’è un filo che collega me all’essenza pura di Dio, io voglio trovarlo, voglio vederlo. Sono molto emozionato per questo esercizio, sento che porterà qualcosa di inaspettato, accetto l’invito.
Iniziamo. Siamo dentro al bosco. Tutto comincia con una corsa, non veloce, un passo sostenuto in salita. “A cosa servirà?” è il primo pensiero che affiora. A cosa servirà non lo so, oggi meditiamo, osserviamo il mio pensiero, le mie intenzioni, ci affidiamo…che corsa sia.
Corro, coi miei compagni e sollecitato da Marco metto l’attenzione su tutto ciò che sento e percepisco, ogni foglia che schiaccio, il paesaggio che cambia, il cagnolino che dall’entrata ha deciso di partecipare con noi all’esercizio, il mio battito del cuore, i pensieri che affiorano. Cerco di avere tutto nella mia attenzione.
Ci fermiamo per una prima tappa, uno spiazzo di prato, meditiamo insieme. Non appena chiudo gli occhi mi sento come abbandonarmi dentro qualcosa che mi contiene, mi rapisce. “C’è qualcosa di più grande di me, in me? C’è qualcosa che mi contiene?” Appena inizia questa sensazione subito si cambia attività, si continua il viaggio, stavolta camminando e poi di nuovo correndo e saltando giù per un percorso di trampolini di legno fatto apposta per le biciclette da cross.
Ogni attività viene sempre interrotta all’improvviso per un’altra, ogni momento di stasi viene interrotto all’improvviso per un altro momento di movimento, e vice versa, siamo in fila indiana adesso, attaccati e camminiamo mettendo i piedi dentro allo spazio formatosi nella camminata della persona davanti a noi. Sembra di vivere un videogioco in soggettiva, c’è sempre meno spazio per i pensieri.
La mia mente è diversa, sono più lucido, Marco non ci fornisce appigli, né per il piacere di una meditazione che rilassa il cuore né per il fastidio della fatica di una corsa in salita, non ci sono punti fermi in questo esercizio, tutto è precario e tutto è sempre caricato al massimo per poi non esplodere mai, è come un orgasmo trattenuto all’infinito.
Arrivati in cima alla collina ci sediamo per qualche istante, torna sempre la stessa domanda. “C’è qualcosa di più grande di me, in me?” Guardiamo il paesaggio, c’è un po di nebbia e il sole, è bellissimo. Penso che vorrei rimanere qui.
M. “Io vedo solo passato e intenzioni future, l’esercizio è fallito, torniamo a casa”
Questa frase mi entra dentro come un proiettile, sento che non è così, che è una provocazione, ma in più sento qualcosa di nuovo, che posso accettare il fallimento: non mi sono fuso del tutto? La risposta non è “No” ma è “Non lo so”. Io non lo so se mi sono fuso, non so se mi devo fondere, non so cosa mi accade dentro, noi non lo sappiamo, tutto ciò che crediamo accadere è una interpretazione falsa di un ombra su un muro davanti a noi. Ma chi muove l’ombra? Che significato ha? Io non lo so. Mi sento sempre più leggero, come affidato a qualcosa di più grande. Ci rimuoviamo, torniamo indietro, la meditazione continua.
Arriviamo allo spiazzo d’erba della prima tappa e Marco ci invita fermarci per qualche secondo, a chiudere gli occhi e po a riprendere la camminata. Prima di ripartire però apre un varco in una nuova strada. Era chiusa prima, aveva una rete con una porta fatta di staccionata e filo spinato. La apre ed entriamo, c’è nell’aria un po’ di paura, timore di star violando un luogo inviolabile, sia fisicamente, con l’idea che sia una proprietà privata, che spiritualmente con la sensazione di entrare nella parte più profonda di noi.
Camminiamo, ci fermiamo, osserviamo le mucche, meditiamo, nel bosco, ricamminiamo…ora siamo di nuovo in fila indiana e Marco ci dice di porre l’attenzione totalmente sul terreno fangoso sotto di noi. Guardo i piedi che camminano nel fango, sembra che camminino da soli, che l’energia del movimento che dirige tutto il gruppo è un’energia che viene da un’unica fonte, non da me. Sento che sta per succedere qualcosa.
M. ”Non guardate il cielo, restate con l’attenzione sulla terra.”
Che immensa voglia di guardare il cielo, lo sento sopra di me, potente e limpido, fa rumore per quanto è presente. Continuo a guardare per terra e ricevo l’invito finale:
M. “Ora correremo ad occhi chiusi, è una vallata sconfinata non potete farvi male, tutti insieme”
Corriamo, ad occhi chiusi, in mezzo al prato, è una sensazione liberatoria, fresca, che lascia spazio ad una curiosità forte riguardo a come finirà questo viaggio. Nessuno ha detto che sta per finire ma lo sanno tutti.
M. “Ora mantenendo gli occhi chiusi sedetevi, gambe incrociate”
Ci guida nella direzione, formiamo una fila, uno accanto all’altro con di fronte il mistero.
M. “Sorridete e aprite gli occhi, l’esercizio è finito.”
Apro gli occhi col sorriso muscolare sul mio viso che si distende subito e diventa involontario. Ci avevate mai pensato? Il broncio è volontario, il sorriso mai, nasce spontaneamente.
Apro gli occhi di fronte all’infinito, c’è il cielo, c’è la collina, ci sono i cavalli, il mulino a vento…”ma io sono a casa!” penso. Rido, di fronte a me c’è il posto che per gli ultimi mesi a fatto da cornice alla mia felicità, alle mie escursioni e meditazioni, alla mia eccitazione, al mio guardarmi dentro. Sono a casa penso, sono a casa.
Non immaginavo che la strada che abbiamo fatto conducesse qui.
M. “Qui siamo a casa, siamo al sicuro, non importa da dove siamo giunti, da una strada conosciuta o una strada sconosciuta, la nostra casa è questa qui. L’illuminazione è questo parco e noi ci siamo dentro, siamo sempre a casa.”
E’ davvero emozionante quello che vedo, è come essere sempre stato qui e allo stesso tempo fiorirci nuovamente. Quale può essere la metafora più efficace di illuminazione dell’illuminazione stessa? Tutto l’esercizio è stato una metafora, una metafora della mente, della sua partenza nel ricercare qualcosa che la faccia fondere nell’infinito, una metafora della sua confusione, della sua frenesia, del suo mentire, del suo non capirci nulla per poi ritrovarsi a casa e avere la certezza di esserci sempre stata.
“C’è qualcosa di più grande di me in me? C’è qualcosa in me che mi contiene? Dov’è la mia casa?”
Che mistero che è la vita, non c’è niente che si possa fare per tornare a casa.
La casa è già qui, dentro di noi.
Una giornata meravigliosa.
DI GIANPAOLO MARCUCCI
The most touching speaking of god is happening right now,
right here in the middle of your tiny individual,
right here in the middle of your tiny suffering, of your unique fear.
Is happening, just now, don’t you hear it?
It is the holy silence, his silence.
The most touching speaking of god is the silence, it has been here forever, it will be here forever,
either if you hear it or not, you are always listening to it.
The silence means that nothing,
nothing happened.
No death to rise.
No fall to lift.
The silence means you’re home.
Be the silence.
Let the most touching speaking of god be yourself.